La febbre emorragica di Crimea-Congo desta allarme in Europa e anche in Italia, vediamo quali sono i rischi e sintomi del contagio.
Si chiama CCHF, è la febbre emorragica di Crimea-Congo, una malattia virale generata da un virus del genere Nairovirus che è ha fatto la sua comparsa in Crimea nel 1944, dove è stata descritta per la prima volta. Poi nel 1956 un virus analogo è stato rintracciato nel Congo e tredici anni dopo, nel 1969, gli scienziati hanno capito che si trattava dello stesso patogeno.
Quando il virus infetta l’essere umano può avere conseguenze anche gravi con alta percentuale di letalità. Tuttavia dall’Istituto Superiore di Sanità fanno sapere, per fortuna, che non è molto diffusa. Nel senso che non c’è una pandemia in corso, ma è evidente che il rischio di contagio c’è anche in Italia. Vediamo allora di capire come si trasmette questo virus e quali sono i sintomi della febbre emorragica di Crimea Congo.
Innanzitutto il contagio non è esclusivo delle zone geografiche che si evincono dal nome, infatti la malattia potrebbe manifestarsi anche nel Regno Unito, in Europa Centrale e dunque anche in Italia. Il motivo è semplice, dal momento che il virus è trasmesso essenzialmente attraverso il morso di artropodi ma anche con il contatto con animali infetti.
In parole semplici la febbre virale emorragica è provocata da un virus del genere Nairovirus che è trasmesso tramite la puntura di zecche infette che passano il patogeno all’ospite. Tra gli animali si hanno molti casi, in percentuale, rispetto a quelli finora riscontrati nella popolazione umana.
Ma l’allarme sale anche perché il virus si trasmette all’uomo pure con il contatto con animali infetti, attraverso tessuti, sangue o altri fluidi del corpo.
Non a caso la percentuale maggiore di casi hanno visto coinvolti lavoratori di allevamenti e macelli o impiegati in agricoltura, ma anche medici veterinari. In tutto il mondo è una delle febbri emorragiche con maggiore diffusione, seconda solo alla dengue. È presente in Africa, in Asia sotto il 50esimo parallelo, in vicino Oriente e nell’Europa orientale inclusi i Balcani, Grecia e Turchia.
Già dal 2010 il virus è stato identificato anche in Spagna e lo scorso agosto 2022 i casi individuati sono stati 13, 4 i decessi. In Italia abbiamo la prima segnalazione nel 2017, con una zecca infetta dal virus che aveva colpito un uccello sull’isola di Ventotene. Il problema è che con il cambiamento climatico le zecche stanno proliferando sempre di più ed è per questo che gli esperti parlano di allarme.
La malattia ha un periodo di incubazione variabile da 1 a 9 giorni in caso di puntura da zecca, da 5 a 13 giorni in caso di contatto con sangue o tessuti infetti. I sintomi evidenti sono febbre, dolori muscolari o diffusi, mal di testa, vertigini, dolore e rigidità del collo e della schiena, bruciore agli occhi e fotofobia.
C’è chi ha manifestato problemi gastro-intestinali e mal di gola, sbalzi d’umore, agitazione e confusione seguita da sonnolenza, depressione e spossatezza. Il fegato e i reni possono essere coinvolti, così come i polmoni, congravi insufficienze. L’emorragia si esprime con petecchie ed ecchimosi evidenti.
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